13 aprile 2016

I CONTROLLI SULLA CONTAMINAZIONE DEL MAIS DA MICOTOSSINE E SULLA PRESENZA DI AFLATOSSINA M1 NEL LATTE E NEI FORMAGGI

Nelle settimane scorse si è tornato a parlare del rischio legato alla possibile presenza di aflatossina M1 nel latte e nei formaggi. Si tratta di una problematica ben conosciuta per la quale sono previsti dei sistemi di controllo articolati e costosi che si basano sulle verifiche effettuate sia dai produttori che dalle ASL, per il tramite dei laboratori degli Istituti Zooprofilattici, lungo tutta la filiera sino ai prodotti alimentari, latte e formaggi, in commercio. A seconda dell'andamento climatico che può influenzare lo sviluppo delle muffe per mezzo delle quali vengono prodotte le micotossine, a seguito dei controlli migliaia di tonnellate di mais nazionale sono avviate alla distruzione o all'impiego come combustibili nelle centrali a biomasse e centinaia di tonnellate di latte vengono distrutte mediante smaltimento presso l'allevamento o invio a centro autorizzato.

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Nonostante questo impegno e nonostante il rischio di esposizione per il consumatore alla aflatossina M1 sia inferiore rispetto ad altre micotossine (leggi la classificazione di pericolosità della IARC), le informazioni prevalenti che maggiormente destano interesse nell'opinione pubblica sono quelle legate alle indagini da parte di Procure e NAS che ipotizzano diffuse violazioni delle regole con possibili pericoli per la salute. Siccome si tratta di situazioni che, nell'arco degli ultimi 10 anni, si sono periodicamente ripetute aumentando la diffidenza dei consumatori nei confronti del latte e dei formaggi, si ritiene opportuno proporre un'analisi che aiuti a comprendere la complessità del fenomeno.

Uno dei primi elementi da considerare è il limite di accettabilità. I Paesi aderenti all'Unione europea si sono dati, sulla base del regolamento CE 1881/2006, un valore massimo accettabile di 0,05 μg di aflatossina M1/kg di latte, che si riduce ad un valore di 0,025 μg/kg in caso il latte sia destinato all'infanzia. Tale limite è stato adottato anche da alcuni Paesi in Africa, Asia e America Latina, mentre negli Stati Uniti, in alcuni Paesi non aderenti alla Unione Europea, nella maggior parte dei Paesi asiatici e nei Paesi dell'America latina aderenti al MERCOSUR il livello massimo accettabile è pari a 0,5 μg/kg di aflatossina M1 nel latte (10 volte superiore a quello della UE) che è anche quello previsto dalla Commissione Codex Alimentarius (Codex Alimentarius, 2001).

L'aflatossina M1 si trova nel latte in seguito alla trasformazione della aflatossina B1 ingerita dai bovini attraverso il mangime dove può essere impiegato esclusivamente un mais che non superi il valore di 0,020 μg/kg (Regolamento UE n.574/2011). Nelle condizioni climatiche italiane lo sviluppo delle muffe, che infestando il mais producono l'aflatossina B1, è difficile da contrastare: le tecniche agronomiche necessarie (principalmente corretta irrigazione nei periodi di siccità, raccolta precoce e completa essicazione) hanno dei costi che i produttori spesso cercano di contenere.

Un secondo elemento di complessità è rappresentato dalle difficoltà di effettuare campionamenti per analisi delle partite di mais che siano rappresentativi dell'intera partita. La distribuzione delle muffe, e quindi la presenza delle micotossine, non è in genere omogenea nei campi e di consenguenza non è infrequente che campioni della stessa partita effettuati in punti diversi nel corso dell'utilizzo, forniscano risultati diversi. Questo può portare in alcuni casi a rilevare non conformità sul latte di vacche alimentate con mais che era risultato negativo a micotossine in controlli precedenti in quanto la contaminazione è distribuita in modo non omogeneo.  

Un terzo elemento è rappresentato dalle "regole" che il Ministero della Salute e le diverse Regioni hanno di volta in volta introdotto e modificato con interpretazioni e linee guida individuando indirizzi operativi per gli organi di controllo che sono stati consolidati con l'emanazione delle “procedure operative straordinarie per la prevenzione e la gestione del rischio contaminazione da aflatossine nella filiera lattiero-casearia e nella produzione del mais”, di cui alla nota del Ministero della Salute prot.n.855 del 16 gennaio 2013. Queste procedure, che devono essere adottate dalle Regioni in presenza di "problematiche inerenti le aflatossine nel latte", prevedono il divieto di diluizione,sancito nel regoloìamento CE n.1881/2006, mediante le seguenti indicazioni:

stabilimenti che lavorano granella di mais come materia prima: gli impianti che ricevono e lavorano ed essicano granella di mais devono disporre di apposita procedura con campionamenti, lotti e tracciabilità; devono inoltre essere previste le procedure per assicurare che il mais con tenori di aflatossine superiori ai limiti della normativa venga destinato alla distruzione ai sensi dell'articolo 20 del regolamento CE n.178/2002;

- aziende di produzione di latte: è da ritenersi efficace un monitoraggio che preveda almeno un prelievo di latte di massa a frequenza settimanale; viene confermato un limite di attenzione per aflatossina M1 fissato a 0,040 μg/kg, inferiore a quello del regolamento, superato il quale l'allevatore deve comunicare il risultato, entro 12 ore dall'acquisizione dell'esito, all'autorità competente per i controlli e adottare azioni correttive basate sulle buone prassi agricole; l'autorità competente deve intensificare i campionamenti sul latte di massa presso le aziende ritenute "a rischio" e verificare l'adeguatezza del piano di autocontrollo, il rispetto delle frequenze di controllo e la tenuta delle registrazioni (esiti e azioni correttive per superamento limite di attenzione); in caso di superamento del limite fissato dal regolamento, l'allevatore è tenuto a dare applicazione all'articolo 19 del regolamento CE n.178/2002 (il latte, anche se fornito ad un trasformatore, viene considerato immesso sul mercato), con sospensione del conferimento, avvio delle procedure di ritiro se il latte è già stato avviato alla trasformazione o conferito ai distributori automatici e avvio alla distruzione del latte e dei prodotti da esso derivati; l'allevatore, indipendentemente dalle misure adottate e dagli esiti analitici favorevoli in autocontrollo non potrà riprendere la commercializzazione del latte sino ad esito favorevole di un campione ufficiale effettuato dalla autorità competente;

- centri di raccolta latte e stabilimenti di trattamento termico e di trasformazione: valgono le stesse misure previste per gli allevatori (controlli almeno settimanali, limite di attenzione, segnalazione all'autorità competente e azioni correttive sia in presenza di superamenti di limite di attenzione che di limite di legge, distruzione di latte e prodotti in caso di superamento del limite di legge).

Al momento solo la Regione Lombardia (a seguito dell'indagine della Procura di Brescia) ha adottato ufficialmente le procedure straordinarie rendendo obbligatorie sul proprio territorio le indicazioni previste dal Ministero; quindi se le verifiche svolte dai NAS nelle altre Regioni come Piemonte e Veneto fossero basate sugli stessi criteri utilizzati in Lombardia porterebbero a segnalare e a sanzionare non conformità procedurali rispetto a criteri non cogenti. Secondo le linee guida che forniscono interpretazioni dei principali articoli del regolamento CE n.178/2002 non sussisterebbero gli obblighi di comunicazione all'autorità competente di non conformità di processo o di distruzione automatica di prodotti realizzati con materie prime conformi ai limiti di legge al momento dell'impiego che risultino successivamente, all'insaputa dell'utilizzatore, contaminate.  Questi prodotti infatti possono essere immessi sul mercato a seguito di una valutazione del rischio (come successo ad esempio per le carni irlandesi risultate contaminate da diossina e già impiegate per produrre salumi nel 2008).

Mentre appare indispensabile perseguire gli allevatori e gli imprenditori che in modo delittuoso hanno acquistato ed impiegato consapevolmente mais o latte contaminato da micotossine al di sopra dei limiti, occorre evitare di mettere sotto assedio, in assenza peraltro di rischi dimostrati per il consumatore (la Regione Piemonte ha comunicato che nessun prodotto immesso sul mercato risulta aver superato i limiti ed i controlli della ASL di Brescia evidenziano limiti di accettabilità sui formaggi), un'intera filiera produttiva, creando una disparità significativa rispetto alle stesse problematiche in altre filiere come quella dei cereali e della frutta a guscio, della pasta e dei prodotti da forno dove i rischi sono forse maggiori, come correttamente sembrerebbe confermare la programmazione dei controlli per la lotta alle micotossine nel piano 2016-2018 recentemente emanato dal Ministero.