25 marzo 2019

DOCUMENTO EFSA SULLA PRESENZA DI PARTICELLE DI MICROPLASTICA E NANOPLASTICA NEGLI ALIMENTI

L'EFSA ha pubblicato una relazione sulla presenza di particelle di microplastica e nanoplastica negli alimenti, con particolare attenzione ai prodotti ittici, al fine di valutare il rischio di esposizione per l’uomo attraverso il consumo di alimenti contaminati.

Esse rappresentano un problema emergente soprattutto per quanto riguarda l’ambiente marino.

Le microplastiche (particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5.000 micrometri, che corrispondono a 5 millimetri) possono essere distinte in primarie e secondarie. Le microplastiche primarie comprendono ad esempio le polveri di plastica utilizzate per lo stampaggio, le microsfere impiegate nelle formulazioni cosmetiche o le resine industriali. Le microplastiche secondarie, che sono quelle maggiormente diffuse nell'ambiente,  possono provenire dalla frammentazione dei rifiuti in plastica presenti negli oceani, a seguito dell'esposizione prolungata alla luce ultravioletta (UV) ed all'abrasione fisica, oppure derivare direttamente dall'attività umana. In quest’ultimo caso si tratta principalmente di particelle presenti in prodotti per la cura della persona come il dentifricio e prodotti detergenti, o da fibre tessili (ad esempio, i vestiti attraverso il lavaggio), che entrano nell’ambiente marino attraverso i sistemi fognari che non sono in grado di operare da filtro per le microplastiche.

Le nanoplastiche (particelle di dimensioni da 0,001 a 0,1 µm, ossia da 1 a 100 nanometri) possono derivare dalla ulteriore frammentazione delle microplastiche oppure originare da composti di natura industriale.

I dati attualmente disponibili su concentrazioni, tossicità e tossicocinetica sono estremamente ridotti e riguardano esclusivamente le microplastiche, mentre non esistono ancora informazioni per quanto riguarda le nanoplastiche utilizzabili da parte della comunità scientifica.

Per quanto riguarda gli alimenti, sono state svolte ricerche per valutare le concentrazioni di microplastiche su alcuni prodotti ittici, tra cui il pesce, i gamberetti e i molluschi bivalvi e su altri alimenti quali il miele, la birra e il salgemma.

Dal momento che nella maggior parte dei casi stomaco e intestino dei pesci vengono eliminati, il rischio di esposizione per l’uomo alle microplastiche è basso in seguito al consumo di pesce. Viceversa, può invece risultare maggiore quanto riguarda i molluschi bivalvi e i crostacei, di cui viene consumato il tratto gastroenterico.

Leggi la sintesi completa a cura del CeIRSA