28 maggio 2010

IL PARLAMENTO EUROPEO BOCCIA LA PROPOSTA DI INSERIMENTO DELLA TROMBINA NELLA LISTA DEGLI ADDITIVI

Il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta della Commissione di inserire la trombina, un enzima presente nel sangue di bovini o suini e impiegato dalla imprese alimentari per incollare porzioni di carni e costituire pezzi interi, tra gli additivi alimentari.

Secondo la proposta della Commissione, i prodotti ricostituiti con la trombina avrebbero dovuto riportarne l’indicazione sull'etichetta, e non avrebbero potuto essere usati dai ristoranti. 

Il Parlamento ha motivato la decisione affermando che la commercializzazione di alimenti ricostituiti rischia di trarre in inganno il consumatore e che in tali prodotti il rischio d'infezioni batteriche è più elevato che in altri ottenuti da pezzi interi. Inoltre i deputati hanno ritenuto che tali misure non fossero sufficienti a garantire la dovuta trasparenza per il consumatore.

Affermazioni che appaiono paradossali alla luce della constatazione, che può essere fatta da qualunque consumatore, che alimenti ricostituiti sono oggi regolarmente in commercio in Europa ed anche nel nostro Paese.  E la trombina, che non desta preoccupazioni dal punto di vista sanitario, come recentemente affermato dall’EFSA, può continuare ad essere usata come “coadiuvante tecnologico” senza essere dichiarata in etichetta insieme ad altri enzimi (per esempio le tranglutaminasi che funziona con lo stesso principio sul fibrinogeno) o additivi che svolgono una funzione sovrapponibile ma devono essere riportati in etichetta.

Basta controllare con attenzione etichette di wurstel o preparazioni (precotti tipo panatine o cordon bleu) di pollo e tacchino per imbattersi nella dicitura “carni disossate meccanicamente” che indica l’impiego di frammenti di carne ottenuti da trattamenti di “raschiamento” delle ossa (vietato nella altre specie animali a seguito della sindrome della mucca pazza BSE) e successivamente addizionati a sostanze in grado di incollarli insieme nel corso della cottura.

Ma anche alcuni prosciutti cotti (spesso individuati con nomi commerciali in quanto sulla base della normativa italiana non possono essere chiamati “prosciutto cotto”) sono costituiti da pezzi di carni suine tenute insieme da coadiuvanti o additivi. In questo caso nella maggior parte dei casi e soprattutto dai produttori italiani, l’effetto collante è ottenuto con l’impiego di addensanti/strutturanti come l’alginato di sodio (E 401) o le carragenine (E 407), derivati da alghe marine e regolarmente riportati in etichetta, che sono in grado di “incollare” i pezzi di carne e di trattenere acqua aumentandone il peso.

Grazie a questa azione, amplificata da altri coadiuvanti ed additivi, alcuni produttori, soprattutto quelli spagnoli che si sono specializzati in questo tipo di alimenti, riescono ad ottenere incrementi di peso anche superiori al 50%: in pratica partendo da 100 kg. di carni si ottengono anche 170 kg di prodotto finito. 

In questo caso, così come per gli enzimi, non esistono particolari rischi sanitari per il consumatore che è però indotto a pagare cifre significative per acquistare una porzione significativa di acqua, farina di alghe e altre sostanze di scarso valore.   A fronte di prodotti alimentari simili come aspetto e presentazione, solo una lettura attenta ed informata dell’etichetta può consentire di valutare il rapporto costo/valore reale del prodotto.

Appare evidente quindi che inserire la trombina negli additivi e renderne obbligatoria l’indicazione in etichetta, al di là della correttezza giuridica rispetto alla definizione di “additivo”, non avrebbe ne migliorato ne peggiorato la situazione dal punto di vista sanitario ma avrebbe consentito, al consumatore di disporre di un ulteriore strumento per un acquisto consapevole.

Comunicato stampa del Parlamento Europeo